martedì 14 luglio 2009

il villaggio-Pablo neruda

L'ombra di questo monte protettore e propizio,
come una coperta india fresca e rurale mi copre;
bevo l'azzurro del cielo attraverso i miei occhi senza vizio
come un vitello succhia il latte dalle mammelle.
Al piè della collina si stende il villaggio, e sento,
senza volerlo, il rotolare dei tramvai urbani;
una chiesa s'innalza per inchiodare il vento,
ma il vagabondo le scappa dalle mani.
Villaggio sei triste e grigio. Hai le strade lunghe,
e un odor di bottega passeggia per le tue strade.
L'acqua dei tuoi pozzi la trovo più amara.
Le anime dei tuoi uomini mi sembrano più brutte.
Non sanno la bellezza di uno zampillo che canta,
nè di colui che lo travasa fiorendo un concetto.
Senza fermarsi, come l'acqua nella gola,
dai loro cuori esce il verso perfetto.
Il villaggio è triste. Se sono assente penso
che l'assenza sembra che l'avvicini a me.
Ritorno, e anche il cielo ha uno sbadiglio immenso.
E cresce nella mia anima un odio, come quello dianzi, intenso.
Ma lei abita qui.

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